SS 131
«Home, / Everybody wants to go home»
[Low, Secret Name, 1999]
Non esiste elaborazione della memoria che possa conservare, quando spinta dentro lo spazio di una rappresentazione – di qualunque natura essa sia –, i bordi vividi, le luci piene e la scintillante trasparenza dei colori del vissuto. Il velo del ricordo altera ineffabilmente il paesaggio interiore dell’esperienza e lascia, nel tessuto di quella alterazione, il segno inequivocabile del proprio spirito, o mostra i sottili moti – e nascosti – di una più intima autobiografia.
Il progetto “SS 131” di Stefano Paddeu declina in un’implosione percettiva l’incontro tra i luoghi delle proprie radici, dove ogni scintilla di ombra o luce invita all’esercizio della memoria, con l’istintiva necessità di raccogliere – in diretta, attraverso la fotocamera – un paesaggio che sembra non conoscere separazione tra interiorità e ambiente esterno; come se, per un attimo e con il favore del crepuscolo, il caleidoscopio dei ricordi soprafacesse, fagocitandolo, lo stesso tempo presente.
Per comprendere appieno il gioco di specchi nascosto dentro le immagini di “SS 131” può essere utile avventurarsi dentro l’intentio auctoris, esplicitando alcuni elementi altrimenti reconditi, ma fortemente simbolici nel lavoro di Paddeu: la sigla che dà il titolo al progetto è infatti il nome della strada statale che collega il sud e il nord della Sardegna; l’arteria pulsante che conduce l’autore verso la sua casa natale (dato di importanza sostanziale: lo shooting avviene durante il ritorno), mentre la notte incede, e mentre la foschia congela le luci dei radi e solitari luoghi di sosta.
La fotografia di Paddeu ci ricorda così, con questo lavoro, il colore struggente del conforto di un ricordo, lo stesso che ci invita all’«eterno ritorno» verso casa, quindi alla nostra memoria primigenia, al nostro nido, mentre il paesaggio fuori e dentro di noi si fa scuro e freddo.